La mia tappa di viaggio nella danza popolare in Italia

Sono orgoglioso di comunicare che è finalmente uscito un libro molto importante, a cui ho dato un piccolo contributo: Viaggio nella danza popolare in Italia. Itinerari di ricerca del Centro Nord, a cura di Noretta Nori (Palombi editore).

Il primo volume è stato pubblicato ormai due anni fa con un altro editore – ne avevo parlato, perchè ero intervenuto alla presentazione\convegno di Monghidoro – e finalmente, dopo vari problemi e vicissitudini, si è andati avanti. Il terzo volume, sul Centro Sud, è in preparazione.

Questo libro è una incredibile raccolta di testimonianze e studi approfonditi sul ballo popolare nel Nord Italia, che ha visto la partecipazione di molti ricercatori e appassionati, coordinati da una delle massime esperte – posso dirlo? – mondiali sull’argomento, Placida “Dina” Staro. Il libro è ricchissimo di tematiche, e si configura appunto come un viaggio – dalle Alpi agli Appennini settentrionali – focalizzando contesti etnografici, stili di danza, culture coreutico-musicali. Il tutto corredato da un ricco e bellissimo apparato fotografico, nonchè da un dvd contenente un gran numero di contributi audiovisivi girati e montati dai vari autori.

Erano decenni che si aspettava di realizzare un lavoro del genere. E sono fiero di aver contribuito, nel mio piccolo, a diffondere qualche notizia sul ballo a palchetto, la balera viaggiante tradizionale per il ballo liscio in Piemonte. Quella rotonda col tendone, per intenderci. Il saggio, dal titolo Piemonte: il ballo a palchetto, è diviso in due parti – la seconda è stata scritta da Domenico Torta – e parla anche di squadre da ballo, quintèt di fiati e repertori di liscio vecchio diffusi dalle bande musicali.IMG_20140723_135337

Il taglio dell’opera e la sua vastità rendono questo lavoro un documento importantissimo, una fotografia fedele della situazione attuale del ballo popolare in Italia, con punte di approfondimento particolarmente curate, figlie di ricerche etnografiche pluridecennali sui più importanti repertori di danza (Carnevali alpini, Valli Occitane, Quattro Province, Appennino Emiliano e Romagnolo, Saltarello marchigiano ecc…)

Un pò mi spiace per le assenze illustri della mia regione, in particolare le danze armate. D’altronde tutto non poteva starci, e per queste specifiche situazioni esiste comunque una bibliografia di riferimento (ad es. Le spade della vita e della morte), oltre alle importanti considerazioni generali apparse sul primo volume dell’opera Viaggio della danza popolare in Italia .1 Guida allo studio della funzione e della forma.

Sono molto felice di avere avuto l’opportunità e la fortuna di partecipare a questa impresa – ricordo quando Dina mi scrisse per propormi questa cosa, ricordandosi di me non so come –. Vorrei ringraziare tutti, da Domenico Torta, grande maestro di vita e di musica, che ha condiviso con me lo spazio del saggio, a Noretta che mi ha accettato a scatola chiusa, a Dina, ovviamente, per avermi insegnato così tanto in così poco tempo, a Marta, che mi sostiene sempre, agli amici di Caprie e Villar Focchiardo, grandi protagonisti – ormai da 5 anni – di questa piccola avventura.

La Lachera dietro la maschera

"Carassa" - palo rituale della LacheraTra i posti dove sono “nato”, e dove sono ritornato, c’è anche Rocca Grimalda. Piccolo paese dell’Alto Monferrato, che vedi se stai andando da Alessandria verso Genova, prima che inizino le gallerie.

Laggiù c’è la Lachera, un Carnevale unico, di quelli che gli antropologi ci vanno matti, ne parlano, ne scrivono, ci bevono su. Noi che siamo etnografi della domenica, preferiamo parlare con Giorgio, che di Lachera ne sa più di tutti, perchè la fa, ne tiene le fila, la vive. La domenica è più bello, ci ha detto, tutti indossano la maschera, i costumi sono a posto, non manca nessuno. Però… se volete vedere la festa vera… dovete venire sabato sera.

E infatti durante la questua serale abbiamo respirato un clima di grande effetto, coesione, amicizia. Abbiamo visto finalmente in atto le danze di cui tanto avevamo sentito parlare: la giga (che vedete nel mio video qui sotto), il calissun, la lachera, la monferrina e la curenta. E tutto quello che abbiamo letto e sentito finalmente assume senso. Sei osservatore, è vero, ma dentro fino al collo, con il bicchiere in mano, il salame, la zuppa di ceci, e ringrazi le padrone delle case ospitanti. Particolarmente suggestivo camminare al buio sul crinale della collina.

L’accoglienza è stata ottima da parte di tutti, abbiamo fatto incontri incredibili, come sempre.

Certo, il giorno dopo c’era il sole, c’era tanta gente, il convegno sulla figura del Lacchè, i simpaticissimi e bravissimi ospiti del Carnevale di Benedello, dall’Appennino modenese… atmosfera molto carica. Si coglieva l’altra faccia, scavando nel profondo, nella storia, nella cultura, nel simbolo. La sera prima ci era sembrato di intuire il significato della tradizione in continuo divenire, nell’istante che si manifesta oggi, con una presenza reale, attuale, un ritrovo di amici, un rinnovarsi di legami antichi, lo stringersi di nuovi. Un significato molto concreto. C’erano i tradizionali personaggi del Carnevale (gli sposi, i Lachè, il bebè, gli zuavi, il guerriero, i trapulin…), ma soprattutto c’erano le persone.

Esperienza magnifica, entrambi i giorni.

Ma noi forse siamo etnografi del sabato, più che della domenica.

Quei paesi che ci devi ritornare

Ci sono dei paesi che potrei definire magici. Sono depositari, più di altri e chissà per quali radicate ragioni, di saperi, misteri, memorie. Per le mie inclinazioni sono portato a notare i paesi “musicali”, quelli che vivono di esperienza sonora, dove la gente canta, dove il tempo è scandito dai suonatori.

In genere questi luoghi sono abitati da persone meravigliose, e quando ci passi tendi a volerci rimanere. Poi ritorni alla realtà, ma qualcosa si è mosso. Questi luoghi segnano, lasciano tracce: se li sai capire, sono capaci di illuminarti il mondo da punti di vista che mai avresti pensato. Somigliano a certi libri, ma io li preferisco, perchè il libro è esperienza privata. Il segreto di questi paesi, secondo me, sta nella socialità e nella condivisione.

Ne ho incontrati di posti così durante e mie piccole peregrinazioni, e ognuno di questi mi ha lasciato, in misura diversa, qualcosa. Cito Riva presso Chieri, Caprie, Portacomaro, Villar Focchiardo, ma non sono i soli. L’ultimo in ordine di tempo è un piccolo paese dell’Appennino bolognese, che si chiama Monghidoro.

Non dirò altro. Ci sono cose a cui la lingua non può arrivare. Lì, ad esempio, per capire, bisogna ballare.

E ballando, lì, ho conosciuto anche un’altra piccola comunità, formata dagli etnocoreologi che si occupano di danza tradizionale italiana: una manciata di persone squisite che arrivano da un pò tutto lo stivale, e ogni tanto si incontrano. L’ultima volta che ciò è accaduto ufficialmente, non ero ancora nato.

Qualche settimana fa, in questo incrocio di comunità, ho partecipato al mio primo convegno come relatore (con tanto di “cerimonia d’iniziazione” a suon di applausi).

Non poteva essere inizio migliore.

Ci sono paesi che prima o poi ci devi andare. Ma in certi paesi, invece, ci devi ritornare.

Io a Monghidoro ci ritorno.

P.S.

Se a qualcuno interessa, a proposito di condivisione, allego la presentazione della mia relazione Liscio e ballo a palchetto in Piemonte, ricca di foto e riferimenti audio\video (scaricabile in ppt seguendo il link).
Se non fosse ovvio, ricorderei che chi volesse utilizzarla in qualche forma, in linea di massima può farlo, ma è comunque auspicabile che prima mi contatti, e che poi citi la fonte. E ricordo anche che il saggio di riferimento, in cui tutto è spiegato, uscirà presto all’interno del libro curato da Noretta Nori, Viaggio nella danza popolare in Italia .2 – Itinerari di ricerca del Centro Nord, edito da Palombi. (Intanto è già uscito il primo volume – Guida allo Studio della funzione e della forma -, che è illuminante…)